Quassù ci sono solo io
giovedì, luglio 26, 2007
[BGM: The Gathering - Nighttime Birds ]
Tre candele, il mio doppio nel vetro e una tenda gonfia di vento.
Il resto è intangibilità di pensieri, e lunghe planate mentali;
voli alti, sopra alberi e pianure, sopra venature nere
dove le tue mine anti-amore hanno fratturato la terra.
A guardarle, con me, è la mia incapacità di non pensarti,
è il desiderio vigliacco di non dimenticarti,
e di continuare a dipingerti con scettro e corona.
Ho perso il senso e la direzione, in quest’ascesa senza corde
per dominare l’intero paesaggio, ed in quel panorama perdermi.
E’ il mio pugno chiuso sui tuoi frammenti, lo sforzo tagliente
di conservare quello che è rimasto di quello che non c’è mai stato.
L’eterna e codarda illusione che mi racconto per non tornare a terra,
perché da qui la tua figura risplende, di luce e melodia colorata.
Ma laggiù, a terra, col tempo potrei anche riuscire ad odiarti.
E quell’odio nasce, indistintamente, perché odiare è natura,
è un gene nero sotto la pelle, energia pulsante nelle arterie.
E l’odio cresce, autosufficiente, perché si alimenta di tempo,
e di piccole mancanze la cui assenza è soltanto utopia.
E l’odio adulto è pressione in cerca di sfogo, è voglia di condannare.
E quassù, in alto, è facile. Quassù ci sono solo io.
Meritata condanna, per chi vuole quello che non c’è.
Per chi cerca la pace da occhi che guardano attraverso un mirino.
Per chi continua a scrivere poesie senza scopo né forma.
Parole in cascata con le quali continuo a baciare il mio nemico.
Notte sottovuoto, tre candele e il mio doppio nel vetro.
E lei continua a danzare, la mia tenda gonfia di vento...
Tre candele, il mio doppio nel vetro e una tenda gonfia di vento.
Il resto è intangibilità di pensieri, e lunghe planate mentali;
voli alti, sopra alberi e pianure, sopra venature nere
dove le tue mine anti-amore hanno fratturato la terra.
A guardarle, con me, è la mia incapacità di non pensarti,
è il desiderio vigliacco di non dimenticarti,
e di continuare a dipingerti con scettro e corona.
Ho perso il senso e la direzione, in quest’ascesa senza corde
per dominare l’intero paesaggio, ed in quel panorama perdermi.
E’ il mio pugno chiuso sui tuoi frammenti, lo sforzo tagliente
di conservare quello che è rimasto di quello che non c’è mai stato.
L’eterna e codarda illusione che mi racconto per non tornare a terra,
perché da qui la tua figura risplende, di luce e melodia colorata.
Ma laggiù, a terra, col tempo potrei anche riuscire ad odiarti.
E quell’odio nasce, indistintamente, perché odiare è natura,
è un gene nero sotto la pelle, energia pulsante nelle arterie.
E l’odio cresce, autosufficiente, perché si alimenta di tempo,
e di piccole mancanze la cui assenza è soltanto utopia.
E l’odio adulto è pressione in cerca di sfogo, è voglia di condannare.
E quassù, in alto, è facile. Quassù ci sono solo io.
Meritata condanna, per chi vuole quello che non c’è.
Per chi cerca la pace da occhi che guardano attraverso un mirino.
Per chi continua a scrivere poesie senza scopo né forma.
Parole in cascata con le quali continuo a baciare il mio nemico.
Notte sottovuoto, tre candele e il mio doppio nel vetro.
E lei continua a danzare, la mia tenda gonfia di vento...
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