Notturno 16: Amore
venerdì, giugno 20, 2008
Continui.
Costante rumore di fondo e colore agli angoli dello sguardo.
Cantilena dal volume altalenante, e spesso silenzio, ma sempre qui.
Dietro le ombre, oltre gli specchi, solo raramente esci del tutto allo scoperto, e quando lo fai è sempre una sorpresa feroce, spiazzante.
Non capisco come possa riuscire a nasconderti così bene, eppure ci riesco. Arrivo alla certezza assoluta della tua assenza, in uno stato di beata e stagnante passività, ed in preda a questa convinzione ti piango, e ti rimpiango, e scrivo parole e canzoni.
E poi, in una notte qualunque, ogni artificio crolla. Pensieri, sentimenti e certezze di cartapesta: l'intera scenografia della mia scena viene giù come un castello di carte.
E dietro ci sei tu. Sullo sfondo bianco dietro le quinte, prima di tutto.
Sempre tu, e sempre lì.
Ed è come se ogni ferita si riaprisse sputando nuovamente tutto quanto il dolore.
Ed è come se riuscissi di nuovo a vedere il sole dopo anni di tenebre.
Sei entrambe le cose, Giudecca ed Empireo, e questo riscoprirti è ogni volta una sofferenza terribilmente più dolce dell'assenza di ogni dolore.
Perché solo tu ci riesci, a farmi sanguinare sangue di zucchero.
E se potessi scegliere, quello sarebbe il momento perfetto per chiudere gli occhi, spegnere tutti i sensi, lasciare che tutto quanto svanisca e restare sospeso in un eterno coma dove tu sei tutto quello che sento.
Ma è una scelta che non ho, perché due giorni sono bastati per ricostruire tutta la scenografia del mio teatrino, e non ti vedo già più. Ora c'è un strada immersa nella notte, ed una fila di lampioni gialli. Un cane abbaia in lontananza mentre affondo lo sguardo nel cielo nero.
So che sei ancora là dietro, oltre queste facciate di legno dipinto.
In piedi, immobile, che sorridi.
Aspettando che tutto crolli.
Costante rumore di fondo e colore agli angoli dello sguardo.
Cantilena dal volume altalenante, e spesso silenzio, ma sempre qui.
Dietro le ombre, oltre gli specchi, solo raramente esci del tutto allo scoperto, e quando lo fai è sempre una sorpresa feroce, spiazzante.
Non capisco come possa riuscire a nasconderti così bene, eppure ci riesco. Arrivo alla certezza assoluta della tua assenza, in uno stato di beata e stagnante passività, ed in preda a questa convinzione ti piango, e ti rimpiango, e scrivo parole e canzoni.
E poi, in una notte qualunque, ogni artificio crolla. Pensieri, sentimenti e certezze di cartapesta: l'intera scenografia della mia scena viene giù come un castello di carte.
E dietro ci sei tu. Sullo sfondo bianco dietro le quinte, prima di tutto.
Sempre tu, e sempre lì.
Ed è come se ogni ferita si riaprisse sputando nuovamente tutto quanto il dolore.
Ed è come se riuscissi di nuovo a vedere il sole dopo anni di tenebre.
Sei entrambe le cose, Giudecca ed Empireo, e questo riscoprirti è ogni volta una sofferenza terribilmente più dolce dell'assenza di ogni dolore.
Perché solo tu ci riesci, a farmi sanguinare sangue di zucchero.
E se potessi scegliere, quello sarebbe il momento perfetto per chiudere gli occhi, spegnere tutti i sensi, lasciare che tutto quanto svanisca e restare sospeso in un eterno coma dove tu sei tutto quello che sento.
Ma è una scelta che non ho, perché due giorni sono bastati per ricostruire tutta la scenografia del mio teatrino, e non ti vedo già più. Ora c'è un strada immersa nella notte, ed una fila di lampioni gialli. Un cane abbaia in lontananza mentre affondo lo sguardo nel cielo nero.
So che sei ancora là dietro, oltre queste facciate di legno dipinto.
In piedi, immobile, che sorridi.
Aspettando che tutto crolli.